TROVASTA
- Chiesa Parrocchiale N. S. del S. Rosario. 200 anni di storia
Chiesa
Parrocchiale N. S. del S. Rosario 200
anni di storia
Trovasta
Confini della Parrocchia, verso la Pieve sparte un
fossato, che discende dalla fontana detta del Tecco, resta in mezzo
delli boschi detti Colla Bauzi della Pieve, et arriva sin al Ponte di
S. Bernardino, ossia Ponte Binello, alla parte di sotto sin alla
Fiumara di Arogna; verso Almo il Fossato chiamato Alborno, il quale
discende dalla Colla e poi tira sopra le case de Bellandi, a lato de
quali case vi è un Riano che tira sino al fiume di Arogna,
qual ha principio nelle alpi dette Monti Semola, e Lago detto S.
Bernardo; e dalla parte di sopra sino alla Colla verso Pornassio sino
alla Colla di Castelletto; verso Acquetico la Cappelletta di S.
Lorenzo, che tira al Poggio del Castellaro; verso Nirasca e Moano il
fiume di Arogna.
Informazione circa il numero delle Chiese e Oratori
e circa li loro redditi date dal Parroco di Trovasta, Cantone di
Pieve.
La Parrocchia ha tutti li suoi
redditi in terre, fuori che pochi incerti, che non arrivano a £
23 annue. Tolto l’obbligo delle messe alle feste, ed altri
oneri, che in tutto oltrepassano annue £ 200, dico duecento,
il suo reddito di netto non arriva ad altre £ 200.
Evvi una sola Chiesa
Parrocchiale (N.B. la Chiesa
vecchia dell’Assunta, la nuova deve ancora essere cominciata,
NdR) che in terre ha di reddito solamente annue £
12:10 ed alcuni alberi di ulivi nelle strade pubbliche, che danno la
provvista dell’oglio per la lampada per circa sei mesi, e nel
resto si mantiene colle limosine.
V’è un solo
Oratorio de’ Confratelli, che ha tutti i suoi redditi in
terre, e prima una vignata chiamata La Valle di qua, che di reddito
annuo è £ 6, con obbligo di darne tanto pane a’
Confratelli la prima domenica di Quaresima.
In altra vignata chiamata Chioso,
che è di reddito annue £ 23, con obbligo di darne tanto
pane e castagne li 23 di marzo ai Poveri Locali.
In altra olivata chiamata Fascei,
che è di reddito annue £ 3, con obbligo di darne tanto
pane ai poveri locali il Giovedì Santo.
In altra vignata chiamata Fascia
del Fossarello, che è d’anno reddito di £ 22, con
obbligo di darne tanto pane e legumi a’ poveri locali il 2
maggio.
In altra vignata chiamata la Fascia
di vigna grande, che è d’anno reddito £ 3, con
obbligo d’impiegarle a vantaggio e ristoro dell’Oratorio.
In altra pratile chiamata Brunetta,
che è d’anno reddito £ 6, con obbligo di farne
celebrare tante Messe.
Il restante reddito poi, che è
di lire quarantaquattro annue, dedottane pria la spesa per le
candele, si spende in tanto pane, e si distribuisce a’
Confratelli il Giovedì Santo, secondo la mente de pii
Testatori.
Vi sono due Oratori campestri,
cioè uno di S. Lorenzo senza reddito alcuno e si mantiene di
limosine; e l’altro di S. Bernardo, che ha due soli alberi
d’ulivo, che gli daranno di reddito circa £ 2 annue, e
nel resto si mantiene colle limosine.
Non v’è altro
Sacerdote che il Parroco.
Non v’è Ospitale.
Non vi sono priggioni.
et in fede
Dati in Trovasta 1803: 20 Agosto
Prete
Antonio Maria Brunengo Rettore
Siamo alla fine del XVIII secolo, Trovasta è
senza parroco e il vescovo di Albenga, mons. Stefano Giustiniani,
nomina il nuovo parroco: è un sacerdote della nostra vallata,
Don Antonio Maria Brunengo, è il 22 febbraio 1780.
Da nostre ricerche, da almeno 2 secoli Trovasta ha
una popolazione stabile di circa 150 – 190 persone.
Il periodo non è roseo e la popolazione, che
vive dei prodotti della sua terra, non è particolarmente
benestante. Inoltre, negli anni successivi si fanno sentire anche da
queste parti le conseguenze politiche ed economiche dell’invasione
dei Francesi con a capo Napoleone Bonaparte.
In
quel tempo, a Trovasta la Chiesa Parrocchiale è la chiesa
dell’Assunta, posta sopra il centro abitato, ma un’altra
chiesa ancora utilizzata è l’Oratorio di San Bernardo
presso le abitazioni delle Case Sottane di Trovasta: anzi, è
proprio presso questo Oratorio che “devono” essere
celebrate molte messe e funzioni religiose secondo i “legati
perpetui” (disposizioni testamentarie con offerte in denaro)
che i Trovastini del passato hanno lasciato.
Tuttavia, poiché la maggior parte degli
abitanti sta ormai nel paese come ora lo conosciamo, i Trovastini
fanno appello al Vescovo affinché conceda al Parroco la
possibilità di assolvere i “legati perpetui di celebrare
S. Messe” presso la Chiesa parrocchiale anziché a S.
Bernardo. E’ gustosa la motivazione ed anche commovente per la
fede dimostrata dalla popolazione: intanto la lettera è
scritta in carta bollata da “soldi otto” con tanto di
timbro della “Repubblica Ligure” e la data 1798; poi i
richiedenti si rivolgono al “Cittadino Vescovo” secondo i
dettami delle imposizioni bonapartiane; infine, con bellissime
espressioni, implorano il Vescovo di concedere al loro parroco di
celebrare le S. Messe, che dovrebbero essere celebrate in S. Bernardo
“distante dalla Parrocchia presso ad un miglio, ove quasi
nessuno le va a sentire” , in Parrocchia “... con
sommo vantaggio delle anime nostre”. Infatti, sostengono
gli abitanti, se si continua al modo attuale, almeno nell’annata
degli ulivi il popolo rimarrebbe senza messa la maggior parte
dell’anno e ….
“andrebbe a spazzo fra’ poco il
bell’uso di sentirla ogni giorno, come in questo luogo
lodevolmente si usa quasi da tutti”, ed inoltre “il
rimanersi il S.S. Sacramento senza le debite adorazioni, si
perderebbe la bella devozione di dire ogni mattina il Rosario, la
frequenza dei sacramenti, e lasciar si dovrebbero altre pie Funzioni,
come Tridui, Novene, Processioni, ecc. che vi sono spessissime,
provando pur troppo, che se non vi è il Parroco, niente si fa,
anzi nessuno entra in Chiesa”.
E’ in questo contesto che gli
abitanti di Trovasta, molti dei quali componenti la “Confraternita
del Rosario”, pensano alla opportunità di costruire una
nuova Chiesa, situata al centro del paese. Qui già sorgeva una
chiesa, più antica e ormai distrutta, intitolata a N.S. del
Lavaggio: Parroco e cittadini studiano la possibilità di
ricostruire sulla stessa pianta la nuova Chiesa; mancano però
disponibilità finanziarie.
La Provvidenza viene così in aiuto alla buona
volontà dei fedeli.
Nel 1786 (30 maggio) muore a Malaga, in Spagna, Giò
Sibilla, nativo di Albenga, la cui sorella è venuta ad abitare
a Trovasta, e che conosce bene (e forse ne è membro lui
stesso) la Confraternita del Rosario (che era stata fondata in
Trovasta nel 1626 e che aveva nella Chiesa Parrocchiale dell’Assunta
un altare riservato dedicato alla Madonna del S. Rosario): nel suo
testamento, Giò Sibilla lascia una discreta somma a
disposizione della Confraternita per le sue opere a favore della
Chiesa, e lascia il rimanente alla sorella Margherita, cittadina di
Trovasta.
Il 20 agosto del 1800 anche Margherita Sibilla
muore, lasciando disposizioni sul suo patrimonio a favore della
Parrocchia e della Confraternita (in particolare tutti i crediti che
vantava presso altri abitanti di Trovasta, cui aveva affittato case e
terreni).
E’ così che la
Compagnia del S. Rosario decide di utilizzare questi fondi per
costruire la nuova Chiesa da dedicare, appunto, a Maria S.S. del S.
Rosario.
Nei tre anni successivi si pensa al progetto, si
cercano materiali e mano d’opera, soprattutto si cerca di
recuperare tutto il denaro possibile per dare corso al progetto:
addirittura il Parroco ed anche un altro sacerdote nativo di
Trovasta, Don Agostino Barbera chiedono al Vescovo di poter
utilizzare il denaro lasciato in “legato perpetuo per celebrare
delle S. Messe” come denaro contante da utilizzare
nell’impresa.
Il
4 maggio 1804 inizia il lavoro: il Parroco annota “Si è
principiato la nuova Chiesa con due soli Mastri, cioè
Mastro Giuseppe e Mastro Giò. Al detto Mastro Giò,
avendo lavorato fino alli 7 giugno solamente, e perciò
giornate n° 26, ho dato per sua mercede £ 78. A Mastro
Giuseppe che ha lavorato fino alli 26, detto inclusivamente: e perciò
giornate 36, ho dato per mercede £ 108”.
A questi si aggiungono nei giorni successivi altri “Mastri”:
Domenico Marchetti il 14 maggio, Gioacchino il 16, e Mastro Domenico
Pario il 6 giugno.
Ma, come
da sempre avviene in Trovasta, quando si tratta di opere per il loro
paese, tutti si mettono a disposizione: così alternando
l’attività nei campi (sempre frenetica in campagna
in questa stagione), a gruppi di 3-4 al giorno gli abitanti di Trovasta
offrono il loro lavoro per la costruzione della loro Chiesa: il
Parroco riporta con dovizia di particolari la paga giornaliera data a
ciascuno, ma molti hanno prestato la loro opera gratuitamente come
offerta alla Madonna del S. Rosario.
Scorrendo
i loro nomi, troviamo citati quelli dei nonni dei nostri nonni.
La sede della
nuova Chiesa è quella del vecchio Oratorio di N.S. del
Lavaggio, vicino all’abitazione del Parroco. Gli operai
recuperano tutto il possibile della vecchia costruzione, e anche
quello del vicino Oratorio di S. Sebastiano da tempo
sconsacrato e in abbandono: le pietre per i muri, così come le
“ciappe” del pavimento e tutto quanto poteva essere
riutilizzato. Il lavoro fu per necessità lungo. Tuttavia
nel 1807, pur restando le rifiniture interne da completare, la
costruzione è conclusa e la Chiesa, che è stata
intitolata a N. S. del S. Rosario, viene consacrata verosimilmente in
ottobre nella ricorrenza della festa del S. Rosario. In quello stesso
anno il Parroco chiede al Vescovo l’autorizzazione a trasferire
alla nuova Chiesa, la “Compagnia del S. Rosario” con le
S. Indulgenze attribuite all’altare della vecchia Chiesa.
Chiede inoltre di poter acquisire una “Via Crucis” da
sistemare nella nuova Chiesa. Il Vescovo, non solo concesse
prontamente quanto veniva richiesto, ma, durante i lavori di
costruzione, più volte ebbe modo di complimentarsi con la
popolazione per la sua laboriosità e per la sua fede,
scrivendo al Parroco di trasmettere ai fedeli la sua benedizione.
|
Illustrazione
1
Altare maggiore della Chiesa parrocchiale N.S. del
S. Rosario(secolo XVIII°) |
L’Altare maggiore
Dunque, nel 1807 la Nuova Chiesa parrocchiale è
completata. Ma la struttura non ha ancora la fisionomia che oggi
possiamo osservare: manca ancora il campanile e manca soprattutto un
altare degno di questo nome, che arricchisca il decoro della Chiesa
stessa.
L’occasione arriva da Pieve, dove la
Parrocchia ha un altare di marmo a disposizione ed anche una statua
in legno della Madonna del S. Rosario. Come sempre si tratta di
trovare il denaro necessario.
La Provvidenza interviene ancora trasformando
normali relazioni tra persone in occasioni di generosità che
arricchiscono tutto il paese. E’ sempre dal libro mastro del
parroco, Don Antonio Maria Brunengo che ha guidato la costruzione
della nuova chiesa, che traiamo le informazioni: “ Si
dichiara che Giò Domenico Pario ha scontato in tante giornate
che ha lavorato per la Chiesa in diversi lavori lire 4 annue che è
obbligato a pagare per legato al Rosario: onde fino a tutto il 1811
ha compìto. In fede: Prete Brunengo.”
Poi di seguito: “Siccome ha scontato pure
in tante giornate per la pigioni del Poggio della fù
Margherita Sibilla. Quale fondo, essendo stato dallo stesso venduto a
Nicolao di Trastanello, con obbligo di pagarne il prezzo alla Chiesa,
la Chiesa lo ha cesso alla Chiesa di Pieve e ne ha avuto in sconto
l’altare di marmo e la statua col suo banco del S. Rosario”.
Un
simpatico divertente aneddoto circolava per tradizione orale a questo
proposito ancora fino a qualche anno fa: si diceva, infatti, che gli
abitanti di Pieve si fossero risentiti col loro parroco per la
cessione dell’altare e fossero seriamente intenzionati ad
impedirne la vendita. Così gli abitanti di Trovasta si
sarebbero organizzati per scendere in massa notte tempo per andare a
prendere in una volta sola e con tutti i mezzi disponibili (a dorso
di mulo e in spalla, visto che l’unica strada era una
mulattiera) tutti i pezzi dell’altare, smontato, e la statua
della Madonna, lasciando ai Pievesi la sorpresa del mattino.
In realtà, sempre dal libro mastro del
Parroco di Trovasta, in data 16 ottobre 1811, troviamo riportato: “
... essendosi comprato l’altare di marmo con la statua di
legno di Maria S.S.ma dalla chiesa di Pieve per il prezzo di lire 700
a conto delle quali essendosi obbligato Nicolino Richermo di
Trastanello lire 697:4 ho dato io per il resto lire 2:16”,
ed anche la paga data in più giorni agli operai (N.B. pane
e vino!!) per il trasporto dei marmi. Ma questo non esclude
che una parte del trasporto sia stato effettuato come la tradizione
orale riportava ...
I riferimenti alla costruzione del
campanile risalgono, invece, al 1819.
In una pagina del libro mastro della parrocchia
troviamo:” 1819: in giugno. Avere £ 76:15 da Pietro
Domenico Bottello, pagate per esso da Gio Batta Brunengo ed impegnate
nella fabrica del campanile”; mentre in un’altra
dedicata a tale Gio Batta Massa fu Andrea, è riportato come
egli comprò dalla già citata Margherita Sibilla (quindi
prima dell’anno 1800) un orto detto “orto dei Carenzi”
per lire 170, e che nel patto fu stabilito che la Sibilla ricevesse
ogni anno fino alla sua morte l’interesse di tale cifra (cioè
lire 7), e che in seguito la somma del valore dell’orto fosse
lasciata alla Compagnia del Rosario. Dopo la morte della Sibilla la
Compagnia del Rosario pensò effettivamente di utilizzare tale
somma nella costruzione della nuova Chiesa, ma poi evidentemente non
fu così; poiché risulta, sempre nella stessa pagina a
lui dedicata, che il detto Massa pagò invece ogni anno alla
parrocchia
lo stesso interesse di lire 7, finchè (alla sua morte?)
“ ... 1819, 6 novembre: il detto Massa ha
pagato alla Chiesa per mano di Giacomo Barbera fu Gio Batta lire
178:12:6 (lire 178, soldi 12, denari 6, NdR) cioè lire
170 per la somma capitale, e lire 8:12 per li frutti fino al giorno
presente e si dichiara, che tutta la detta somma è stata spesa
ed impiegata nella fabrica del campanile, cioè lire 129:12:6
per le chiavi e la croce dello stesso, e le restanti lire
48:29 per conto per la mercede de maestri”.
E’ verosimile che
entro la fine dello stesso anno il campanile sia stato completato,
poiché non risultano altri accenni nelle note dell’anno
successivo.
I Restauri
Al momento
non abbiamo nessuna informazione circa i successivi lavori di
rifinitura e decorazione che adornano e arricchiscono la Chiesa
parrocchiale di Trovasta. Dopo la morte del parroco Don Antonio Maria
Brunengo, avvenuta intorno al 1830 circa, non risultano in Trovasta
altri documenti riguardanti la Parrocchia. Pertanto possiamo supporre
che essi risalgano almeno alla seconda metà del 1800, ma sarà
necessario approfondire le ricerche.
Saltando un secolo e mezzo di storia, alla fine
degli anni 90 del secolo scorso sono stati riparati e ristrutturati
numerosi punti di lesioni strutturali e infiltrazioni d’acqua
piovana dal tetto e dalle pareti della chiesa e, contestualmente,
anche il ripristino delle numerose decorazioni che adornano tutto il
soffitto e l’abside della chiesa e la lucidatura a piombo del
pavimento. Questi interventi hanno permesso di riportare all’antico
decoro la casa di Dio che la popolazione di Trovasta si era con
passione costruita.
Nell’anno
2004, dopo le solite faticose ricerche di fondi, con
il contributo della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia (CARIGE) e
sotto il controllo delle Belle Arti, i
Trovastini, hanno ottenuto anche la possibilità di fare
restaurare l’antica statua in legno della Madonna del Rosario,
che viene conservata nella nicchia in alto sopra l’altare
maggiore, contornata da una serie di tavolette di legno,
rappresentanti i 15 misteri del S. Rosario, dipinte con colori ad
olio.
L’opera di
restauro è stata eseguita con grande perizia dalla ditta
Giorgio Gavaldo Restauri di Alassio. Nella relazione prodotta dal
restauratore ricaviamo preziose informazioni sulla statua
della Madonna:
“si
tratta di scultura lignea policroma e dorata di autore ligure della
metà del XVII° secolo dedicata alla Madonna del S.
Rosario. La statua è una scultura costituita da vari masselli
lignei uniti tra loro con colla forte da falegname. L’intaglio
è stato rifinito nei minimi dettagli, e l’ammanitura in
gesso e colletta di glutine è presente in strati sottili. Si
riscontra una parziale incamottatura con tela, la quale trama si
rimarca su una piccola porzione di preparazione in una piega
posteriore del mantello.
Gli incarnati delle figure sono eseguiti a lacca di
colla. Tutti gli altri elementi: la veste, il manto, le ali dei
cherubini e le nuvole sono coperti da una totale doratura a guazzo.
La pellicola metallica è ornata da decori a lacca istoriati e
graffiti ad imitazione dei tessuti. Sotto alla base –
costituita da due assi – sono presenti degli attacchi metallici
filettati incassati nel legno, i quali servivano come alloggiamento
di bulloni. Ciò fa supporre l’utilizzo dell’opera
come immagine da processione; tuttavia non rimane nulla –
nemmeno come memoria locale – della cassa processionale.
Lo stato di conservazione era pessimo; un massiccio attacco dei
tarli aveva pesantemente indebolito la struttura lignea. I movimenti
del legno hanno causato evidenti sconnessioni tra i numerosi masselli
che compongono la scultura. Queste fessure (più o meno
evidenti) furono oggetto di un passato intervento di manutenzione.
Stuccate con gesso e colla (in alcune zone la stuccatura venne
soprammessa alla materia originale), sono state coperte con
un’argentatura a foglia. La foglia d’argento è
stata meccata e la graffitura è stata simulata da un
tratteggio con colori ad olio.
La
porzione sinistra del mantello della Vergine è costellata di
minuscoli e fitti traumi dovuti ai ripetuti urti del rosario durante
le processioni.
Sulla policromia degli incarnati si sono susseguite due
ridipinture: una – più antica – di natura
proteica, l’altra - riconducibile all’intervento che ha
tentato di sanare le fenditure del legno – condotta con medio
oleoso. Le forze di coesione-adesione, tra le ridipinture e lo stato
originale, erano tali che si verificasse una buona coesione tra i due
strati soprammessi, ma una scarsa adesione alla superficie originale.
Utilizzando una debole forza meccanica con un bisturi od uno
specillo, si otteneva un distacco totale dello strato di ridipintura.
E’ interessante il
riferimento al possibile utilizzo della statua per processioni
mariane. Probabilmente ciò è avvenuto tra il 1600 e il
1700 quando la statua era proprietà della Chiesa di Pieve. A
Trovasta sembra invece aver trovato definitiva posizione nella
nicchia sopra l’altare a completamento e ornamento dell’altare
maggiore.
Nel corso del restauro non è stato trovato
nessun riferimento al possibile autore della statua: tuttavia è
possibile ipotizzare che il suo autore provenisse dalla scuola del
Maragliano che ha influenzato grandemente il mondo dell’arte in
Liguria nel XVII° secolo e ha prodotto capolavori di rara
bellezza.
Intervento eseguito:
La
struttura lignea è stata preventivamente consolidata con
polimeri acrilico e metacrilico. La resina in soluzione è
stata fatta assorbire dal legno sia a pennello, sia a “sottovuoto”
e per infiltrazione con l’uso di siringature.
E’ stata eseguita una disinfestazione del legno con agenti
già pronti all’uso. Operazione eseguita in modo analogo
al consolidamento.
Il consolidamento localizzato dei sollevamenti e dei
distacchi della preparazione, è stato eseguito infiltrando una
apposita soluzione sotto i sollevamenti, quindi la superficie veniva
appianata e – solo dopo la completa evaporazione del solvente –
era possibile riattivare la resina con il termocauterio ed ottenere
una corretta adesione.
Dopo avere ottenuto un soddisfacente consolidamento
del legno e degli strati pittorici, è stato eseguito
l’intervento di pulitura delle superfici policrome e la
rimozione della ridipinture. Lo sporco depositatosi con il tempo
sulla pellicola dorata ed istoriata – costituito da polveri
grasse e nerofumo – è stato rimosso mediante ripetute
applicazioni di emulsione grassa.. La rimozione dei materiali
utilizzati nel precedente intervento (gesso, bolo rosso e pellicola
d’argento), è stata eseguita meccanicamente a bisturi,
previo ammorbidimento con bile bovina in acqua demineralizzata
tiepida.
(vedi Illustrazione 2)
La ditta Gavaldo Restauri si è
occupata anche del restauro dei 15 dipinti dei Misteri del S.
Rosario. Si tratta di dipinti ad olio su tavola risalenti al
XVII° - XVIII° secolo, di forma ovale e delle dimensioni di
cm 30x20.
Di nuovo, leggendo la relazione del restauratore
troviamo: “I quindici dipinti si presentavano in uno stato
di conservazione non buono. Costituiti da tavolette di legno (undici
in castagno e quattro in essenza di conifera), sopra alle quali venne
stesa una preparazione a base di gesso e colletta di glutine. Gli
strati pittorici – eseguiti ad olio - erano offuscati da
depositi di sporco e nerofumo. Si è verificata – in
corso d’opera - la presenza di rifacimenti e ridipinture.
Quattro opere (poi rivelatisi di fattura successiva) erano
caratterizzate da diffuse cadute di preparazione e colore che
interessano vaste porzioni”.
Le opere erano assicurate alla parete marmorea dell’altare,
mediante chiodi passanti attraverso gli strati pittorici, e che si
inserivano in tasselli lignei ricavati nella pietra. Probabilmente
questa soluzione è stata utilizzata per adattare i dipinti che
provenivano da un’altra sistemazione. Sul retro è
presente una numerazione da uno a quindici in cifre. Sono presenti
tracce di impeciatura (usata forse per isolare il legno).
Intervento eseguito:
In laboratorio, si è proceduto con una
rimozione degli strati di sporco, polvere e sudiciume depositatisi
sulla superficie.
L’intervento di consolidamento e di
disinfestazione del legno è stato eseguito sottovuoto, tenendo
però sotto attento controllo l’entità della
depressione, in quanto potrebbe verificarsi uno sfondamento del legno
indebolito. La fermatura degli strati pittorici, è stata
eseguita onde evitare ulteriore cadute e/o strappi di materia
pittorica. In corso d’opera.
Le lacune di materia sono state stuccate con gesso
in colletta di coniglio, quindi annullate con basi di colore a
tempera. Dopo una preventiva verniciatura a resina mastice, sono
stati - su questa - eseguiti i ritocchi con colori a vernice.
E’
stato adottato il metodo dell’integrazione ad imitazione
dell’originale, con velature di colore a vernice, in modo da
rendere nuovamente leggibili le opere deturpate da piccole lacune.
Per le quattro opere gravemente compromesse, si è deciso per
un reintegro a neutro, utilizzando il metodo della “astrazione
cromatica del colore”.
Per ricollocare le tavolette alle loro sedi, sono stati sostituiti
i chiodi con delle viti, in modo da potere sfruttare sia i fori
presenti sui dipinti, sia i tasselli lignei inseriti nel marmo, senza
apportare altre modifiche. I fori sono stati stuccati con stucco a
cera (miscela di cera d’api e cera carnauba) quindi velati con
colore a vernice in maniera tale da rendere palese (ma solo ad un
esame ravvicinato) la posizione delle viti.
Sono passati quindi 200 anni
dalla costruzione della Chiesa parrocchiale dedicata alla Madonna del
S. Rosario in Trovasta: probabilmente Trovasta non è cambiata
molto come estensione, poiché la sua popolazione è
rimasta numericamente stabile fino ai primi decenni del secolo
scorso, finchè il progressivo allontanamento dalle campagne
l’ha ridotta al lumicino.
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Illustrazione
3
Chiesa parrocchiale N.S. del S. Rosario, nell’anno
1936(è ancora presente l’Oratorio di S. Sebastiano) |
Ma, come è giusto, nessuno dimentica
facilmente il suo paese di origine: perciò in questo anno,
2007, tutti i Trovastini (e i discendenti dei Trovastini …)
avranno un’occasione in più per ritornare al loro paese,
in particolare in occasione delle due feste patronali, entrambe
dedicate alla Santa Vergine, onorata col titolo di Assunta in cielo
(15 agosto) e col titolo di Madonna del S. Rosario (prima domenica di
ottobre), in cui festeggeranno il duecentesimo anniversario di
consacrazione della loro Chiesa Parrocchiale.
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Illustrazione
4
Antica Chiesa Parrocchiale S. Maria Assunta (secolo
XV°) |
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Illustrazione 5 Chiesa Parrocchiale N.S. del S. Rosario) |
TROVASTA: Frazione di Pieve di Teco
(IM)
info@trovasta.it
- www.trovasta.it
Stampato e distribuito in proprio - Anno 2007
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