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Aspetti deteriori, non solo del trovastino,ma anche degli abitanti del circondario
Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea ....
La stagione venatoria
Pino & Gino
"UNA GIORNATA “DIVERSA”

The single brothers
- Gigino superstar -

The single brothers

- Gigino superstar -

Oggi verrebbero chiamati così: the single brothers. Per i non anglofili: i fratelli scapoli.

A Trovasta li ricordiamo ancora molto bene. Oggi non sono più tra noi (avrebbero all'incirca un centinaio d'anni a testa, più o meno).
Non sappiamo se restarono "fantini" (a Trovasta il termine “fantin” identifica lo scapolo) per caso, per scelta propria, per circostanze particolari o per scelta altrui. Sappiamo che vivevano assieme, in una delle ultima case dell'ultima borgata, direzione nord, del paese.
Per comodità li chiameremo Gigino e Gigetto.

Gigetto dei due era il più anziano. Viveva in una sorta di isolamento dipendente dal fratello: in piazza non lo vedevamo mai. Soltanto il giorno di ferragosto, nel pomeriggio, si avvicinava al bar improvvisato per la festa e, più a gesti che a parole, faceva capire a chi stava dietro il banco che voleva da bere: un "cicchetto" (trad. un cicchetto è un bicchierino di liquore, di digestivo, di grappa, o comunque di qualsiasi cosa che abbia più di 40°). Chi pensa che non ci parlasse perché non ne fosse in grado sbaglia: non ci parlava perché era timidissimo e la nostra tracotanza di ragazzini (che oltretutto dialogavamo tra noi in italiano e non in dialetto) lo inibiva al punto di ritirarsi in buon ordine. Con il fratello riacquistava istantaneamente l'eloquio, anche simpaticamente colorito.
Dei due fratelli Gigetto era anche il più stanziale e meno portato all'avventura.
Gigino invece era, a modo suo, un fenomeno.
Nella vita aveva fatto qualsiasi cosa: dal costruirsi da solo la propria casa ad una campagna di guerra da alpino tornando a piedi a Trovasta da non ricordo quale località ma percorrendo qualcosa come 1.200 km! Non si sa in quale periodo aveva fatto anche il clown-acrobata in un circo.
Aveva un'intraprendenza straordinaria e, tranne che in qualche rara circostanza, aveva la capacità di saper guardare più avanti di qualsiasi altro Trovastino. Quando fu costruita la strada alla fine degli anni '50 fu il primo a dotarsi prima di patente e poi di un mezzo proprio; fu il primo ad acquistare una falciatrice a motore a scoppio quando tutti gli altri falciavano i campi ancora con il falcione (ò fero, in dialetto), a mano. E tutti non trovarono di meglio che sostenere la tesi che la motofalciatrice non tagliasse abbastanza in basso e lasciasse troppo scarto! Fu il primo a far comparire a Trovasta una carriola a motore con la quale trasportava i ceppi per la stufa dalla legnaia a casa.
Gli episodi che lo riguardano sono molteplici e non possiamo citarli tutti: sicuramente ci ricordiamo di quando una volta caricò sulla sua Fiat 127 il gruppo dei ragazzini pigri (io c'ero) che aveva raggiunto Pieve di Teco a piedi. In discesa eravamo andati con entusiasmo: la salita proprio non era la nostra specialità. Vedendolo passare ci venne il dubbio che non avrebbe accettato di farci salire tutti in macchina: non ebbe esitazioni: fece ampi cenni e salimmo tutti quanti: eravamo in 8 e ci portò in scioltezza sulla piazza del paese.
Un'altra volta ci fece prendere uno spavento terribile. Giocando a non mi ricordo cosa trovammo la sua macchina con la portiera aperta, Gigino seduto al posto di guida con una gamba già fuori come nell'atto di scendere: gli occhi chiusi e il cappello in testa. Ci avvicinammo praticamente con la quasi certezza che stesse male (qualcuno di noi pensava pure che fosse morto). Quando "riprese conoscenza" si arrabbiò tantissimo e ci disse - IN ITALIANO - che eravamo molto maleducati perché stava dormendo e lo avevamo svegliato.
Un'altra volta, negli ultimi anni in cui ci fece compagnia, lo trovammo in un negozio dove stava comprando ogni ben di Dio alimentare: ci preoccupammo per la sua salute e, con circospezione gli chiedemmo come mai stesse acquistando tutta quella roba. Molto candidamente ci disse che i ravioli erano per il suo cane: Fagiolino, a cui voleva bene molto più che ad un figlio che non aveva avuto.
L'unica circostanza in cui si dimostrò ostico al progresso fu a proposito del frigorifero. Inizialmente non ne voleva sapere, conservava gli alimenti con i sistemi antichi: formaggi e salumi sui davanzali delle finestre in inverno ed in cantina d'estate. Un anno però si convinse e procedette all'acquisto. Non gli fu però spiegato che il meccanismo del motore del frigo è tale per cui il compressore del frigo stesso funziona ad intervalli: per intenderci quando il frigo ronza e quando non ronza. Per fare questo però è necessario che l'apparecchio sia sempre allacciato alla rete elettrica. Se ciò non avviene il frigo, .... non "friga".
Gigino però era convinto che per far funzionare bene il frigo, ogni tanto (per esempio la notte), il motore dovesse riposare: quindi staccava la spina togliendo tensione.
Morale della favola: alimenti marci ed un frigorifero con il motore bruciato in poco più di un mese. Ci vollero due frigoriferi e soprattutto la pazienza di tutte le donne del paese che lo fecero entrare in casa e gli dimostrarono che il loro frigo era SEMPRE attaccato alla rete elettrica.
L'aspetto curioso fu che a chi gli chiedeva come mai avesse tre frigoriferi in casa rispondeva che due erano guasti e si erano rotti perché suo fratello (Gigetto) staccava sempre la spina!
A modo suo sapeva cascare sempre in piedi, forse perché era stato un clown-acrobata.
Come tutte le persone di questo mondo aveva i suoi punti deboli: una guida automobilistica non propriamente esemplare (provate voi a prendere la patente dopo i 50 anni) ed un affetto, anzi, un attaccamento morboso, per la bevanda preferita dagli alpini.
Per quanto riguarda la guida è rimasta tra le leggende Trovastine il salto in una vigna con la sua 500 famigliare: una mosca era entrata nell'abitacolo e facendo l'atto di scacciarla con la mano accompagnò lo sterzo dell'auto, la quale si "accompagnò" nella vigna sottostante. Lui non si fece nulla e dopo poche settimane tornò con una 500 famigliare nuova fiammante, di colore blu scuro.
Nei pomeriggi della domenica arrivava in piazza e se era di buon umore ( e lo era spesso ) prendeva parte alle partita a bocce organizzata sul momento. C'era un unico problema: quando era il suo turno non c'era speranza di comunicare con lui stando dall'altra parte del campo. Aveva un udito un po' "debole". Al solito, precursore dei tempi fu il primo a dotarsi di apparecchio acustico che però ogni tanto, soprattutto in chiesa, si metteva a fischiare emettendo suoni fastidiosissimi ad altissima frequenza che solo lui non sentiva perchè il quel momento l'apparecchio non funzionava.
Uno degli ultimi episodi che lo riguardano ha un risvolto serio ma come al solito riuscì a metterci di buon umore anche in quella circostanza.
Per nessun motivo al mondo avrebbe rinunciato a partecipare al raduno degli alpini che si tiene periodicamente al Colle di Nava e così, anche quell'anno, partì: fierissimo, con il suo cappello con la penna e la sua fiat 127 bianca che aveva il pupazzo di una bamboletta vestita da alpino, appesa allo specchietto retrovisore interno.
Nel tardo pomeriggio vediamo arrivare la camionetta dei carabinieri di Colle di Nava a Trovasta.
La benemerita ferma la Campagnola sulla piazza e dopo i due uomini in divisa scende Gigino, serio serio.
Ci avviciniamo e gli chiediamo lumi per stemperare la tensione: "Gigino, l'hai fatta grossa stavolta?". Uno dei Carabinieri ci ammonisce: "ragazzi non scherzate, ha avuto un incidente con la macchina, è andato dritto in un tornante, l'auto è inutilizzabile".
Detto questo i Carabinieri si congedano e ci lasciano da soli con Gigino.
Nel mentre lo accompagnamo a casa a piedi si svolge il seguente dialogo:
- Ragazzi: "Gigino, sei andato al raduno degli alpini?"
- Gigino: "Si"
- R: "Gigino ce n'era da bere?"
- G: "Si"
- R: "Gigino hai bevuto?"
- G: "Ragazzi, andate a casa, non sono stato bene: ho mangiato la pastasciutta e mi è rimasta sullo stomaco!"
A quel punto, guardandoci con un sorriso, andò a casa.

Dopo quell'episodio non poté più guidare e noi non sentimmo più il clacson della 127 che puntualmente e festosamente suonava tutte le volte che passava sotto tutte le finestre di tutte le case che affacciano sulla strada.