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TROVASTA ED ANTONIO VIVALDI ovvero: “Le quattro o (come vedremo in seguito) cinque stagioni”
La nevicata
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La nevicata

Sabato 8 dicembre 1990.

Il gruppo dei vitelloni estivi a volte si raduna anche in inverno. C’è la festa dell’Immacolata e la riviera potrebbe proporre qualche diversivo interessante: tradotto, per i maschietti, qualche signorina del “nord” (Piemonte o Lombardia) in pseudo vacanza.

Sono le nove della sera e tutto sembra fatto apposta per ricordarci che tra poco sarà Natale: un freddo assassino e un cielo plumbeo-grigiasto che sembrerebbe promettere neve.
Ovviamente i vitelloni - emuli del ben più competente Colonnello Edmondo Bernacca di allora (il Giuliacci di oggi) - sentenziano che non si corre alcun pericolo.
Cosicché si raggiunge la riviera: ovviamente le signorine del nord raggiungono il suolo Ligure solo in compagnia di fidanzati dalle dimensioni imbarazzanti: mediamente 1 metro e 88 X 90 chili di massa muscolare. Ne deriva che facciamo il solito giro dei locali e dopo aver opportunamente omaggiato i gestori torniamo mestamente verso il nostro paesino.
Non dimentichiamoci che durante tutta la serata, esattamente da quando siamo partiti, non ha smesso un attimo di piovere.
La “Cassandra” di turno passa la serata ad insinuare il dubbio che .... “se tutta l’acqua che scende qua su è neve ... come torniamo a casa?!?”. Ovviamente il soggetto viene sistematicamente zittito ed insultato nella maniera più variegata che ci venga in mente... a 20 anni e dintorni si ha molta fantasia per questo.
Ripartiamo dalla riviera e quando arriviamo all’uscita dell’ultima (di allora) galleria della superstrada succede un fatto curioso ... o increscioso. Una massa informe di colore bianco si spiaccica sul vetro delle auto con cui ci siamo avventurati.
La Cassandra, a suo modo, esulta e noi cominciamo a sudare freddo perché siamo ad oltre 10 km dalla meta. Dopodiché la Cassandra si ricorda che ha lasciato la sua macchina lungo la strada e deve fare circa 3 km. A questo punto anche lui suda freddo.

Non ricordo come ma riusciamo ad arrivare senza danni alla macchina della Cassandra e, ancorché non se lo meriti, lo accompagniamo a casa, perché in fondo siamo “buoni”.
Passano circa 20 minuti di attesa orrenda: i telefonini non esistono, o per lo meno non ce li possiamo permettere (con i prezzi di allora), alla fine gli accompagnatori della Cassandra tornano e ci rimettiamo in viaggio.
Prima di ripartire però organizziamo la carovana. precursori di Overland e credendoci competenti perché avevamo tutti visto, almeno due volte, la pubblicità del Camel Trophy in TV, decidiamo la seguente sequenza:

1a auto: Seat Ibiza Diesel, trazione anteriore, stato dei pneumatici al 50 % con a bordo cinque persone;
2
a auto: Autobianchi A112, trazione anteriore, stato dei pneumatici al 5 (forse meno) % a bordo due persone, tra cui chi scrive, come passeggero.

Percorriamo circa 800 metri e siccome non ci sono tornanti la cosa sembra procedere bene. A bordo della A112 mentalmente vengono ripassati tutti i misteri del Rosario della Novena Ferragostana oltre alle litanie. Non sono riferibili e quantificabili gli insulti e le maledizioni “all’autista”. Il primo tornante è in agguato e tutto ciò che si teme è dietro l’angolo, puntuale.
Dunque al 1° tornante la Seat Ibiza, anche perché diesel, passa. La A112, soprattutto per lo stato delle gomme, non ne vuole sapere.

Riepiloghiamo:

  • sette avventurosi omini vissuti (il più adulto ha 22 anni il più giovane ne ha appena compiuti ben 20!);
  • un’auto da muovere a spinta, in salita, con zero gradi centigradi, quindici centimetri di neve sulla strada, ogni fiocco di neve pesa un etto / un etto e mezzo.

Non ci perdiamo d’animo e a forza di spinte, non dimenticando di insultare adeguatamente il legittimo proprietario riusciamo a mettere l’A112 a bordo strada. Nel frattempo sono quasi le due del mattino.
Ripartiamo tutti a bordo dell’Ibiza: cinque che c’erano prima più due aggiunte dopo fanno sette persone.
L’Ibiza orgogliosamente ce la fa. Comodamente stipati modello carro bestiame uno dei sette (mai reo confesso ma identificato con ragionevole certezza), simpaticamente, ammorba l’aria già mefitica dell’abitacolo con le produzioni proprie. Non si possono, per nessun motivo, riportare i contenuti delle “conversazioni”.
Praticamente riusciamo ad arrivare alla meta quando le tre del mattino sono passate da tempo.
Ci salutiamo e andiamo tutti a dormire. Nel frattempo sembra che stia anche smettendo di nevicare.
La mattina successiva la sveglia si manifesta con una serie di colpi sordi. Sembra che qualcuno “bussi” alle persiane del piano terra. Ai vitelloni che stanno fuori e ridono rumorosamente viene chiesto, prima di aprire le persiane, se ci sia ancora neve. La risposta è: “no, si è messo a piovere, si è sciolta tutta”.
Un volta aperte le persiane si capiscono due cose: i colpi sordi erano le palle di neve scagliate contro le persiane; lo scenario che si presenta è eufemisticamente insolito, bianco .... ovunque. Una cosa che fino ad allora avevamo visto solo in TV. I ragazzi hanno la felicità stampata in faccia. Davanti a casa c’è un punto in cui sembra essere nevicato ancor di più. Una massa informe, poco più di tre metri di lunghezza, quasi due di altezza.
ORRORE .... la Fiat 126 che la mamma ha messo a disposizione per gli spostamenti!!!!!
E’ impressionante. Camminiamo a fatica in almeno trenta, quaranta centimetri di neve. Intorno a noi un silenzio quasi fastidioso, interrotto soltanto dal rumore dei rami degli alberi dei boschi circostanti, che si spezzano a causa del peso della neve.

Intorno alle 12.00 di sabato 8 dicembre 1990 veniamo definitivamente proiettati nel passato. Già non possiamo muoverci altro che a piedi: niente auto o moto: di spazzaneve, per il momento, non se ne ha notizia. L’opera viene completata dal fatto che viene a mancare la corrente elettrica. Una serie di rami spezzati sono infatti caduti sulla linea elettrica.
Purtroppo la faccenda non è più solo suggestiva ma si complica: senza corrente non funzionano le pompe degli impianti di riscaldamento, i frigoriferi (sarebbe il meno visto che fuori ci sono zero gradi), gli scaldabagni elettrici e ovviamente radio e televisori.
Colti da un improvviso raptus di altruismo decidiamo di fare il giro degli anziani del paese per verificare che sia tutto a posto e non abbiano problemi. Solo alla fine ci rendiamo conto del peccato di presunzione che abbiamo commesso. La generazione che noi andavamo “a controllare” era nata e cresciuta senza corrente elettrica: anche con il peso degli anni, i giovani classe 1907 oppure 1910 sapevano cavarsela benissimo. I due fratelli scapoli che allora vivevano in una delle ultime case a monte del paese non si erano quasi accorti di nulla, forse neppure che avesse nevicato. Si preoccuparono solo di rassicurarci sul fatto che da bere ne avevano: e noi andammo via sereni.

Non dimentichiamo però che era domenica: la radiocronaca delle partite ed il novantesimo minuto sembrano essere perduti. Per quanto riguarda il mitico “Tutto il calcio minuto per minuto” venne in soccorso una radio a pile di uno di noi: peccato che le pile erano scariche quindi del programma sentimmo solo la sigla. Alle 18.10 subentrò l’arte di arrangiarsi. Recuperammo una televisione portatile: 6 pollici, alimentazione a 12 volts. Con l’ausilio della batteria da auto (smontata per l’occasione) della Fiat 126 (liberata a tempo di record dalla montagna di neve) ci radunammo nella vecchia scuola e tutti ammassati l’uno all’altro guardammo “qualcosa” nei 6 pollici in bianco e nero, realizzando che a causa della neve caduta in tutta l’Italia furono giocate si e no quattro partite.

La sera della domenica ci trovavamo praticamente in una sorta di paesaggio lunare: nessuna lampadina accesa da nessuna parte: solo la luce di qualche candela, riesumata per l’occasione, filtrava dalle finestre.

Il lunedì mattina non si vedeva l’ombra di alcun spazzaneve all’orizzonte. Della corrente elettrica nessuna traccia. Solo il telefono (rigorosamente la rete fissa) ci consentiva di rimanere a contatto con il mondo esterno. Curioso l’episodio di uno dei vitelloni che doveva rientrare in servizio, essendo sotto leva. La mattina del lunedì avvisa la stazione dei Carabinieri di Pieve di Teco dell’impossibilità di raggiungere la propria destinazione e comunica telefonicamente ai propri superiori che non può rientrare a causa dell’impraticabilità delle strade. La risposta dei superiori è: “non è un motivo valido”. Alla manifestazione di disponibilità di essere prelevato coattamente dai Carabinieri locali non segue nulla, a causa dell’impossibilità - anche per i Carabinieri stessi - di raggiungere il nostro paesino. Per la cronaca lo spazzaneve salì alle 11.30 e il “milite”, giunto a destinazione con dichiarazione su carta intestata della stazione dei Carabinieri, non venne perseguito!

A metà febbraio del 1991, oltre due mesi dopo, c’era ancora neve nel circondario, strascico di quel week end straordinario.